I silenzi pieni di consenso propagandistico contaminano quasi tutto ciò che leggiamo, vediamo e sentiamo, avvertiva lo scorso maggio il compianto John Pilger. La guerra mediatica è oggi un compito chiave del cosiddetto giornalismo mainstream.
L’impero statunitense circonda la Cina da molti anni con basi militari e macchinari da guerra, in modi che Washington non tollererebbe mai che la Cina faccia nelle nazioni e nelle acque che circondano gli Stati Uniti.
Decidendo di fornire carri armati Leopard all'Ucraina, Olaf Scholtz infrange i vincoli autoimposti sul ruolo dell'esercito nella politica estera tedesca che erano in vigore dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Considerata la storia ambigua degli Accordi di Minsk, è improbabile che la Russia possa essere dissuasa diplomaticamente dalla sua offensiva militare. Pertanto, il 2023 sembra preannunciarsi come un anno di continui scontri violenti.
Questa crisi è radicata nell'ossessione di Washington per la Russia, scrive Michael Brenner. La rinascita del paese dalle ceneri, simile a quella di una fenice, è stata inquietante sia per i politici, sia per i policy-maker, sia per i think tank.
Se lo stato d’animo espresso dalla nuova coalizione di governo tedesca è quello di una Germania forte e conquistatrice, in Francia lo stato d’animo è quello di un declino nazionale che deve essere fermato.
Diana Johnstone valuta le recenti elezioni tedesche, il declino della sinistra tradizionale e le sue implicazioni sulle relazioni con gli Stati Uniti e la Russia.