Gaza e i pensieri di un’Irlanda affamata

Esclusivo: L'ex analista della CIA Ray McGovern si è unito ad altri operatori umanitari in una piccola flottiglia determinata a salpare da Atene a Gaza per sfidare l'embargo israeliano di 1.5 milioni di palestinesi intrappolati in quella stretta striscia di terra. In attesa della partenza, McGovern contempla le forze del passato e del presente che lo hanno portato alla sua decisione.

Di Ray McGovern

28 Giugno 2011

Riflettendo ulteriormente qui ad Atene su come è successo che mi sono unito ai passeggeri di “The Audacity of Hope” e perché ho un sentimento così forte nei confronti dell’oppressione a Gaza, mi ha colpito il fatto che i miei geni irlandesi (così come la mia teologia) possano recitare un ruolo. 

Durante la carestia di patate della metà del XIX secolo, quando gli irlandesi affamati venivano trattati più o meno allo stesso modo degli abitanti di Gaza oggi, quanto i miei antenati devono aver desiderato qualche segno che qualcuno all’estero si prendesse davvero cura di loro.  

Nessuno sapeva come mai gli irlandesi venivano deliberatamente lasciati morire di fame, mentre gli inglesi facevano soldi esportando carne e prodotti irlandesi? A nessuno importava?

Quanto avevano bisogno di sostegno, anche solo morale? Quanti pochi avevano i soldi per salpare da Queenstown (Kobh) o Belfast nella speranza di vivere, e forse addirittura di vivere bene, in America?

Come devono aver desiderato vedere vele con un'ortografia diversa o bandiere di un popolo impegnato nella giustizia in viaggio per mostrare agli emaciati irlandesi che qualcuno dall'estero si preoccupava della loro situazione. Mancava allora ogni significativa espressione di solidarietà internazionale.

Un secolo e mezzo dopo, i funzionari israeliani si sono addirittura vantati di “mettere gli abitanti di Gaza a una dieta rigorosa” – in altre parole, condannandoli a una vita di sussistenza appena al di sopra del punto in cui potrebbero morire di fame e forse sottoporre Israele ad accuse di pulizia etnica. per fame. Ma questo atteggiamento non deve reggere oggi a Gaza.

Portalettere

Per fortuna, quattro dei miei bisnonni sono sopravvissuti alla carestia irlandese. Ed entrambi i miei nonni – così come le mie nonne – hanno avuto l’audacia della speranza, per così dire, di lasciare l’Irlanda per l’America. I miei nonni trovarono lavoro presso l'ufficio postale degli Stati Uniti, entrambi.

Il padre di mia madre, Lawrence Gough, alla fine divenne supervisore in una delle filiali del Bronx. Il padre di mio padre, Philip McGovern, divenne un orgoglioso postino nel quartiere centrale del Bronx in cui alla fine nacquero mio padre, i miei cinque fratelli e io - e dove trascorsi i miei primi 22 anni.

Phil McGovern, il postino. Mi ha colpito il fatto che, nel portare lettere di sostegno a Gaza, sto cercando di essere fedele non solo a una tradizione di fede con l’inevitabile mandato di “fare giustizia”, ma anche alla tradizione degli uffici postali e dei portalettere che ho ereditato. dai miei nonni. 

Come amano dire i nostri cugini irlandesi: “Sì, lo credo”.

La mia teologia può essere riassunta nelle parole di Dean Brackley, SJ, ora in El Salvador:

“Tutto dipende da chi pensi che sia Dio e da come si sente Dio quando le piccole persone vengono maltrattate”.

Ray McGovern lavora con Tell the Word, una filiale editoriale della Chiesa ecumenica del Salvatore nel centro di Washington. Ha servito come ufficiale dell'esercito e analista dell'intelligence per 30 anni ed è co-fondatore di Veteran Intelligence Professionals for Sanity (VIPS).

1 commento per “Gaza e i pensieri di un’Irlanda affamata"

  1. Mary Jane Nolan Kelly
    Giugno 30, 2011 a 13: 15

    Grazie. Troppo vero

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